Bosnia Erzegovina
A 18 anni dalla fine del conflitto la Bosnia Erzegovina è ancora segnata dalla pesante eredità del conflitto sotto molti punti di vista. Nonostante le risorse e gli sforzi da parte della comunità internazionale, nel paese persistono ostacoli significativi alla stabilizzazione di uno stato multietnico e democratico. La Bosnia Erzegovina si colloca al 74° posto nell’Indice di Sviluppo Umano stilato da UNDP. Secondo i dati UNDP, il paese presenta una situazione intermedia fra paesi ad elevato sviluppo umano e paesi sottosviluppati. Tuttavia, rimangono problematiche specifiche legate al contesto post-bellico e al sistema politico imperniato sulla rappresentanza etnica.
Dal punto di vista politico la Costituzione del paese, parte integrante degli Accordi di Dayton, è alla base della complessa architettura istituzionale del paese, che causa inefficienze ed è costantemente minacciata da appelli politici di carattere nazionalista. La complessità del processo decisionale continua a rallentare le riforme richieste dall’UE per l’avanzamento del processo di integrazione. I tentativi di riforma costituzionale non hanno finora portato ad alcun successo per via dei veti incrociati e dell’ostruzionismo politico da parte dei maggiori partiti di rappresentanza etnica.
Dal punto di vista economico l’adozione delle leggi finanziarie per il 2011 e 2012 è stata rallentata dalla crisi di governo, minando ulteriormente la sostenibilità e credibilità delle politiche fiscali nel paese. Le capacità produttive rimangono deboli poiché le risorse locali non sono adeguatamente valorizzate ed esistono carenze infrastrutturali croniche che ne prevengono il pieno utilizzo.
La situazione del mercato del lavoro è allarmante. Le rigidità economiche e strutturali e l’inefficienza dell’amministrazione rallentano la creazione di posti di lavoro. La disoccupazione rimane molto alta, e il tasso di partecipazione nel mercato del lavoro basso, ad indicare che una porzione significativa della popolazione potenzialmente attiva è scoraggiata a priori e non intraprende la ricerca di un’occupazione formale.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti umani, diversi aspetti rimangono problematici. La Corte Europea per i Diritti Umani si è espressa nel 2009 sul caso Sejdic-Finci dichiarando che alcune parti della Costituzione della BiH sono incompatibili con la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo. La costituzione della BiH prevede che solo cittadini Bosniaci, Serbi e Croati possano concorrere per l’elezione alla presidenza tripartita e alla camera dei Popoli, discriminando in questo modo i cittadini appartenenti alle minoranze (ucraini, cechi, rom, ecc.).. L’Unione Europea ha posto come un prerequisito fondamentale nel processo di integrazione l’adeguamento della Costituzione ai principi europei. Le modifiche tuttavia tardano ad essere adottate.
Persistono diverse e preoccupanti forme di discriminazione contro le minoranze sessuali (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). Il movimento LGBT, nella sua lotta per il riconoscimento dei propri diritti civili e di non discriminazione, si pone potenzialmente come uno dei movimenti più efficaci nel superare barriere ed appartenenze nazionali ed etniche. Attivisti in questo ambito continuano a subire minacce, e attitudini discriminatorie permangono nei media anche da parte di rappresentanti politici.
Nel campo dell’educazione si registrano pochi miglioramenti. Il sistema educativo nel paese rimane diviso (“due scuole sotto lo stesso tetto”). I programmi educativi sono differenti nelle due entità, un aspetto particolarmente problematico non solo perché determina la mancanza di omogeneità nella preparazione degli studenti, ma anche e soprattutto perché i diversi programmi, soprattutto nelle materie storiche, perpetuano memorie divise che costituiscono un ostacolo alla riconciliazione nel paese.
Pochi progressi sono stati fatti anche nell’ambito del miglioramento delle condizioni per le persone con disabilità. Sia in Republika Srpska che in Federazione sono state approvate leggi in quest’ambito, ma loro implementazione procede a rilento.
Per quanto riguarda i rifugiati e gli sfollati (internally displaced persons) alla fine del 2011 si trovavano nel paese circa 113.000 sfollati, dei quali circa 8.000 residenti in centri collettivi, e 7.000 rifugiati. Alcuni passi significativi sono stati compiuti per arrivare alla chiusura dei centri collettivi ed offrire finalmente la sistemazione in abitazioni con condizioni abitative adeguate, mentre rimangono da affrontare altri aspetti rilevanti per questo gruppo di popolazione, come l’accesso alla protezione sociale, all’educazione ed il diritto al lavoro. Nel paese mancano politiche condivise a sostegno del ritorno e dell’integrazione.
Inoltre, in Bosnia si osserva anche con una certa apprensione l’adesione della vicina Croazia all’Ue a causa di possibili ricadute negative per Sarajevo e Banja Luka. Tra le ricadute più gravi ricordiamo il fatto che la Bosnia-Erzegovina non potrà più esportare latte e prodotti caseari ma anche molti tipi di agroalimentari in Croazia, come in precedenza, un mercato che vale circa 30 milioni di euro all’anno, spiega ad ANSA Nuova Europa Srecko Latal, analista dell’International Crisis Group per la Bosnia. Latal ricorda che l’associazione dei produttori della Republika Srpska potrebbe presto scendere in piazza per protestare perche’, a loro dire, il governo in Bosnia non avrebbe fatto nulla per preparare il Paese al nuovo scoglio.
Altro importate dato di contesto è che a novembre 2013 le autorità bosniache hanno pubblicato i primi dati del censimento, il primo dalla fine della guerra (l’ultimo, come noto, si era avuto nel 1991, quando la Bosnia Erzegovina non si era ancora resa indipendente dalla Jugoslavia). Le statistiche non rendono nota la composizione etnica del paese (nelle ultime settimane, partiti e associazioni hanno sciorinato le ‘proprie’ statistiche circa la presenza dei vari gruppi nazionali in Bosnia Erzegovina, ma si tratta regolarmente di illazioni senza nessun tipo di fondamento) né ulteriori dati sulle loro caratteristiche economiche, ma si ‘limitano’, per il momento, a quantificare gli abitanti del paese secondo la propria area di residenza.
Per avere una fotografia completa della popolazione bosniaca occorrerà attendere ancora un anno e mezzo. Per il momento, però, è già possibile quantificare quella che il periodico bosniaco ‘Slobodna Bosna’ ha definito, dati alla mano, «la più grande catastrofe demografica nella storia del paese», e che è costata, in un ventennio, quasi seicentomila abitanti. La popolazione bosniaca è, oggi, infatti solamente di 3.791.622 abitanti (e le prospettive non sono rosee: secondo un rapporto dell’ONU, essa finirà per dimezzarsi nell’arco dei prossimi cinquant’anni): più o meno il livello che essa aveva raggiunto nel 1971.
Dal punto di vista demografico, la Bosnia Erzegovina ha perso quarant’anni. Nel territorio che corrisponde alla Sarajevo d’anteguerra vivono oggi, sempre secondo le stime riportate da ‘Slobodna Bosna’ 504.000 persone, ovvero circa 22.000 in meno che nel 1991. Nell’attesa dei dati più completi, queste sono state le variazioni di abitanti nelle altre principali aree urbane bosniache, in ordine di popolazione.