Carissimi affidatari,
sono un po’ in ritardo con l’invio del calendario viaggi del 2013: ho
preferito aspettare che si definissero alcuni appuntamenti per inserirli
e così proporveli.
Il più importante è l’inaugurazione della Fontana di Jereza il 16
maggio, festa della città.
L’ Associazione Progetto Prijedor da tempo pensava di lasciare alla
Comunità di Prijedor un segno “visibile” a testimonianza della nostra
presenza sin dal 1996.
Si è concretizzato nella realizzazione di una fontana di granito della
Val di Genova – Carisolo che viene posta nel parco di fronte al
Municipio e vicino alla sede dell’ADL dove all’inizio del 1900 vi era
l’unica fonte di acqua potabile alla quale tutti attingevano e intorno
alla quale si creava una comunità multietnica. (multiforme)
Invitiamo tutti coloro che possono partecipare a questo importante evento.
Per questa occasione possiamo prevedere un viaggio “lungo” dal 11 al 17
con la visita anche di altre città della BiH e uno “corto” dal 14 al 16
che preveda solo la visita a Prijedor.
Per quanto riguarda le altre date, possono essere le seguenti, anche se
come ogni anno, sono suscettibili di cambiamento anche su vostra
richiesta. Altri viaggi saranno organizzati per la realizzazione di altri progetti.
APRILE 12-14
MAGGIO 11-17 con Sarajevo… o 14-16
GIUGNO 7-9
LUGLIO 12-14
AGOSTO 23-25
SETTEMBRE 20-22
OTTOBRE 18-20 (se non ci sono le elezioni regionali)
NOVEMBRE 14-17
DICEMBRE 5-7
GENNAIO 2014 – 2-5 o 9-12
Al posto di una mia riflessione sull’importanza di incontrare i propri
affidati, vi allego quella di una famiglia di affidatari che sono venuti
a Prijedor per la prima volta nel maggio scorso.
Sempre a vostra disposizione, vi ricordo che per il viaggio di maggio
occorre una vostra adesione di massima anche per stabilire la quota di
partecipazione.
grazie
Cristina Bertotti
Dopo qualche anno di sostegno a distanza, abbiamo deciso di far visita alla famiglia che abbiamo in affido a Prijedor.
Superando qualche remora iniziale, riguardante soprattutto l’opportunità o meno di portare con noi nostra figlia Cecilia di 10 anni, giovedì 17 maggio partiamo quindi assieme a Cristina, Giorgio, Andrea, Mirella, Anna Rosa e Anselmo; sostenuti dall’esperienza di chi quel viaggio l’ha già fatto molte volte e dall’entusiasmo di chi, come noi, lo fa per la prima volta.
Nel bagagliaio del furgone ci sono le nostre valigie, delle valigie con abiti da lasciare a Prijedor, pannoloni per bambini e adulti, colori per il vetro, bulbi di fiori nostrani, palloni, asciugamani da ricamare, maglie da realizzare, … un bagagliaio davvero variegato e strano.
Durante il viaggio Cristina risponde a qualche nostra domanda sulla situazione passata e attuale della Bosnia, evidenziando come sia difficile incasellare in schemi rigidi l’esperienza di questi popoli. Passando a bordo del furgone, vedo i buchi delle mitragliate ancora ben evidenti su qualche casa e mi rattrista accorgermi di aver già dimenticato tante cose di quella guerra…
A Prijedor ci accolgono Dragan e Sladjana, nell’ufficio dell’Associazione Progetto Prijedor e Agenzia della Democrazia Locale
Cominciamo poi le visite alle famiglie.
Sono emozionata e un po’ in imbarazzo al pensiero di incontrare i “nostri amici della Bosnia”, come li chiamiamo con Cecilia, ma la loro calorosa accoglienza mi mette subito a mio agio.
Mentre il papà Dragoslav siede silenzioso, mamma Desa si dà da fare per dissetarci e per farci festa. I bambini si coccolano e si sorridono, come solo loro sanno fare, anche se non si conoscono.
Con la preziosa traduzione di Dragan abbiamo l’aggiornamento sulla situazione attuale e sui progetti futuri della “nostra” famiglia. Il tempo per le foto di rito e per gli ultimi abbracci e poi via, in altre case, da altri papà con sguardi più o meno accesi, da altre mamme più o meno sorridenti, da altri bambini (sempre tanti …) più o meno sereni.
Le facce e le storie di queste famiglie sono davvero tante e diverse, alcune tutto sommato equilibrate, vissute in una casa decorosa con accanto un orto coltivato con cura, nonostante le difficoltà o le malattie; altre più difficili, in case con i vetri rotti, e la pioggia che entra dal tetto, segnate da sofferenze e tragedie.
Vedere le facce, entrare nelle case, sentire le storie di quelle famiglie, dà spessore all’impegno di sostenere il progetto Prijedor, lo rende vivo di relazioni: c’è davvero tanto altro dopo il versamento in banca della quota dell’affido …
Quella prima giornata di viaggio si conclude da Refika, con una cena ricca di prelibatezze e un riposo rigenerante in una stanza molto accogliente: la casa meriterebbe davvero un flusso turistico costante!
Anche qui c’è una famiglia con la sua storia segnata dalla guerra: una figlia, cresciuta senza papà perché disperso, che non può entrare alla facoltà che ha scelto, solo per pochi punti; quelli che sono riconosciuti agli orfani di guerra, ma che a lei non spettano, dato che il papà non è stato dichiarato ufficialmente morto in guerra.
Il giorno dopo andiamo al mercato. Ci colpiscono i polli appoggiati sulle bancarelle, la farina misurata con la tazza e non con la bilancia, i piccoli banchetti dei contadini …
Visitiamo ancora qualche famiglia e anche un centro per ragazzi disabili. Mentre Cristina discute di questioni serie con i responsabili e Cecilia riceve le ormai consuete coccole (stavolta anche sotto forma di cioccolatini), noi osserviamo i lavori di ricamo dei ragazzi e compriamo delle bellissime borse.
È la volta poi di una casa di riposo, con un centro diurno frequentato anche da anziani che risiedono a casa loro. Entriamo in una struttura pulita, luminosa, incontriamo visi sorridenti, vediamo le foto di feste con i bambini e di lavoretti eseguiti con loro. Qualcuno ci dice una frase in italiano e qualcun altro ci racconta di parenti che hanno combattuto nella nostra regione durante la prima guerra mondiale.
Per pranzo assaggiamo diverse versioni della “pitta” (una pasta tipo sfoglia, ripiena di formaggio, verdure o carne), seduti vicino ad un parco allagato dalle piogge dei giorni scorsi.
In questa giornata incontriamo anche delle brave artigiane/artiste (Vida che ricama tende e asciugamani, Bahra che dipinge sui vasi di vetro e Milka che fa la magliaia) e raccolto delle notizie positive: un ragazzo cardiopatico è stato preso in cura in un centro specializzato ed è in lista per essere operato.
Troviamo il tempo per giocare con la palla e con una anello che ha costruito Anselmo intrecciando un ramo di giunco.
Nel pomeriggio Cristina ci porta a visitare la zona vicina alla miniera di ferro. Vediamo Prijedor dall’alto e panorami suggestivi con colline e boschi che invoglierebbero i cicloturisti all’esplorazione. Ci vogliono proprio tutto quel verde e tutto quel cielo, per “digerire” un’intensa giornata di incontri, di storie…
Prima di cena visitiamo un altro centro per anziani. Questa struttura ha bisogno di qualche miglioramento, ma è un punto di ritrovo importante per le persone anziane della zona.
A cena possiamo spolverare il nostro spagnolo, perché la padrona di casa l’ha imparato quando era profuga in Spagna.
Anche da lei assaggiamo delle ottime zuppe, gli involtini di cavolo (sarma) e una torta buonissima. Riusciamo a sentire anche la preghiera del muezzin, dal minareto vicino alla sua casa.
Il sabato è il giorno del viaggio di ritorno. Vediamo villaggi ricostruiti completamente, altri con ancora i segni della guerra, percorriamo valli strette e attraversiamo vasti altopiani, fotografiamo i cartelli che segnalano il pericolo di mine e un mare bellissimo.
Sono stati tre giorni davvero pieni, anche se Cristina non ha spuntato tutte le cose da fare che aveva programmato…
Tre giorni passati spostandoci con il furgone, quel furgone con il bagagliaio variegato e strano. Quel bagagliaio è stato svuotato andando casa per casa, rivelando il pensiero e il cuore con cui era stato caricato: ogni oggetto aveva un suo destinatario, una faccia. Una faccia cercata già da Trento, o individuata per strada, facendo coincidere anche un dono casuale con un’esigenza reale: i pannoloni che la mamma di Francesca mi aveva dato da portare “perché magari possono servire”, sono entrati nella casa di Anka, anche lei, come Francesca, ferma su un divano per la malattia.
Al ritorno il bagagliaio era un po’ meno pieno, ma conteneva ancora cose preziose: cibi saporiti e la farina macinata al mulino, le marmellate di Refika, i vasi dipinti da Bahra e le borse fatte dai ragazzi del centro per disabili; Il desiderio di mantenere vivo con le lettere e con gli incontri il rapporto con la “nostra” famiglia di Prijedor, senza limitarci al sostegno finanziario; La consapevolezza di quanto ancora non sappiamo di quella guerra, la voglia di saperne di più, di approfondire e, soprattutto, la certezza di aver fatto bene a portare Cecilia con noi.