ASSOCIAZIONE

La storia dell’Associazione Progetto Prijedor

L’associazione si è costituita nel 1997 a coronamento di un’attività che alcuni degli enti ed organismi, in primo luogo la Casa per la Pace di Trento, svolgevano nell’ex Jugoslavia sin dal 1993 ed in particolare verso la realtà di Prijedor dall’autunno 1995. Oggi vede coinvolti i Comuni di Aldeno, Baselga di Pinè, Borgo Valsugana, Caderzone, Caldonazzo, Cavalese, Grumes, Lavis, Levico Terme, Massimeno, Pergine Valsugana, Pinzolo, Predazzo, Ronzo Chienis, S. Lorenzo in Banale, Spiazzo, Tassullo, Trento, Varena, il Comprensorio della Valle dell’Adige e dell’Alta Valsugana, realtà associative e cooperative come L’Ancora di Tione, Jugo ’94, l’Associazione Trentini nel Mondo, L’Allergia, la sezione di Trento del CISV.
Nel 1997, le Nazioni Unite invitano la neonata associazione, assieme a tutte le Ong e ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali, a lasciare la città per motivi di sicurezza. I rapporti OSCE denunciano infatti una forte presenza sul territorio di ricercati per crimini di guerra, segnalando inoltre come anche un cospicuo numero di esponenti dell’amministrazione locale sia stato coinvolto nelle operazioni di pulizia etnica. I volontari trentini scelgono di restare. Questa decisione vale all’Associazione Progetto Prijedor la fiducia della popolazione e la possibilità di porsi come interlocutore affidabile presso l’amministrazione locale. Il ruolo dell’Associazione Progetto Prijedor nelle sue azioni di diplomazia popolare volte alla promozione di iniziative di gestione dei conflitti e all’avvio di iniziative con lo scopo di ricreare un tessuto di convivenza civile viene riconosciuto e valorizzato tanto che nel 2000 l’Associazione riceve il mandato dal Consiglio d’Europa per l’apertura della Agenzia della Democrazia Locale che viene inaugurata il 18 febbraio dello stesso anno.

Le idee

Prossimità, vicinanza, mettersi in mezzo: non la semplice realizzazione di un progetto per quanto condiviso, ma una relazione permanente fra comunità. La capacità di ascoltare il territorio, il prendersi carico, la conoscenza delle dinamiche locali, la ricerca di interlocutori adeguati… sono tutte cose che richiedono tempo, energie difficilmente riconoscibili dentro uno schema progettuale tradizionale.
Reciprocità, consapevolezza che nel tempo dell’interdipendenza le distanze svaniscono, i processi si intrecciano, le contraddizioni riverberano. Che dunque quello sulla solidarietà è un investimento su se stessi. Un ponte percorso in entrambe le direzioni, in una cooperazione che ci insegna a stare al mondo, a capire quel che accade intorno a noi, che ci permette di cogliere le dinamiche del nostro tempo. Un continuo dare ed avere nella convinzione che nessuno debba insegnare nulla a nessuno e che tutti abbiamo da imparare nel confronto con gli altri.
Questa modalità diversa di costruire relazioni l’abbiamo chiamata cooperazione di comunità. In questa cornice abbiamo cercato di declinare gli obiettivi dell’Associazione Progetto Prijedor: la promozione delle risorse umane, culturali, economiche, politiche e sociali del territorio di Prijedor attraverso progetti specifici di supporto ai diversi settori ed attraverso il sostegno ad attività di gemellaggio ed collaborazione tra enti locali, istituzioni ed associazioni della Provincia di Trento e della municipalità bosniaca.

Modalità di identificazione

Dodici anni. Sono passati dodici anni da quando, attraverso i primi aiuti umanitari nell’immediato dopoguerra, abbiamo avviato una relazione di cooperazione fra il Trentino e la Municipalità di Prijedor. Una relazione nata dalla richiesta di solidarietà verso le persone che vivevano ammassate nei campi profughi e insieme dalla volontà di portare una parola di pace laddove sembrava impossibile. Perché questa era Prijedor nel marzo del 1996, “una città inaccessibile”, come ebbe a scrivere un giornalista italiano in un reportage di quei mesi.
Ora Prijedor è un’altra città. Non perché siano svanite le contraddizioni, tutt’altro, ma perché l’aria che si respira è diversa ed è quello che hanno colto le migliaia di profughi che in questi ultimi anni sono rientrati ricostruendo le loro vite dalle macerie.
A questa rinascita della città di Prijedor e dei villaggi che la circondano crediamo di aver dato un contributo importante, che va oltre gli innumerevoli progetti realizzati e che ha a che fare proprio con quel clima di distensione che le nostra presenza di amicizia ha favorito.
E’ stata un’esperienza in primo luogo di straordinario valore umano, che ha arricchito la comunità trentina prima ancora che quella di Prijedor, perché ci ha permesso di conoscere da vicino tante belle persone ed il loro calore, ma anche di avere quello sguardo strabico che ci ha insegnato a vedere nel medesimo tempo la modernità dei processi che hanno così duramente segnato la Bosnia Erzegovina e le luci ed ombre del nostro stesso territorio. Le relazioni che si sono costruite in questi anni richiedono di essere coltivate attraverso un continuo lavoro di scambio che è parte integrante delle modalità stesse della cooperazione di comunità.
Ciò nonostante pesano sulla città di Prijedor le nubi della crisi che attraversa gli assetti politico-istituzionali del paese, le profonde contraddizioni ancora aperte nella regione balcanica, i nervi scoperti di comunità che ancora non hanno elaborato le vicende degli anni ’90 (vedi allegati n.1 e 2). Il che rende ancora fortemente instabile la situazione, rispetto alla quale l’unica via d’uscita plausibile appare – nonostante la perdita di smalto dell’Europa – quella dell’integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione Europea.
Un contesto che è dunque profondamente cambiato ma che ancora mostra forti fragilità, come accaduto in occasione della crisi che, negli ultimi mesi, ha attraversato la Bosnia Erzegovina fino a far temere una nuova situazione di scontro aperto fra le due entità, poi svanita come una bolla di sapone.